Carlopoli (CZ) - “Tutto avrei pensato tranne che io, umile operaio edile, un giorno sarei riuscito a scrivere un libro”.
Esordisce così Paolo Arcuri, nato a Castagna di Carlopoli dove vive, parlando del suo primo e corposo romanzo “Sandali di ortica”, pubblicato nei giorni scorsi dalle Edizioni Ursini di Catanzaro.
“Un libro – sostiene Nuccia Fratto Parrello – attraverso il quale l’autore consegna ai lettori il messaggio e la responsabilità di trovare le mille facce del male nella vita e nella Storia”.
Accanito lettore e cultore appassionato di memorie storiche, Arcuri costruisce il suo romanzo, che definisce di “carattere storico”, sulla base di alcuni episodi del nonno, vissuto durante l’epoca fascista; episodi che la madre gli ha raccontato con dovizia di particolari.
“Da sempre - racconta l’autore - mi ha affascinato la figura di quest’uomo, che io non ho mai conosciuto, essendo nato due anni dopo la sua morte. E’ l’incredibile e travagliata esistenza di un contadino quasi analfabeta, costretto dalla miseria ad emigrare in Francia per lavoro. Lì fu coinvolto politicamente nella militanza antifascista comunista, che lo portò a subire per lunghi anni, fino alla caduta del regime, l’infame marchio della rubrica di frontiera, dove fu notificato come sovversivo politico di fede comunista”.
E questo è già un buon inizio per un romanzo che ha tutte le credenziali per suscitare grande interesse.
“Quando nell’autunno del 2007 - continua l’autore - venni a conoscenza che al Casellario Politico Centrale, presso l’Archivio dello Stato di Roma, giaceva un fascicolo su mio nonno, mi adoperai a chiederne una copia che mi fu subito spedita. Nello sfogliare il plico, constatai che quei fogli racchiudevano dieci anni di sofferenza di un uomo e la crudele persecuzione da parte di quel regime fascista che gli aveva negato le sue libertà. Mi resi subito conto di avere in mano l’architettura di un romanzo e che io, nipote diretto, ne ero emotivamente investito. Il caso ha voluto che incontrassi una sensibile donna italo-spagnola, la professoressa Maria Laura Cilurzo Enriquez, che mi ha fermamente spinto alla stesura del manoscritto. Generosamente si è messa a mia disposizione facendomi incontrare un’altra donna straordinaria, la professoressa Nuccia Fratto Parrello di Catanzaro che mi ha dato tutti quei consigli di cui avevo indubbiamente bisogno, ivi compresa la scelta appropriata dell’editore”.
“Sandali di ortica”, inserito dalle Edizioni Ursini nella nuova collana “I libri dell’elefantino”, è indubbiamente un titolo enigmatico, quantomeno insolito, “che ci riporta - aggiunge Nuccia Fratto Parrello - all’Europa preistorica, quando l’uomo, bisognoso di tutto, trova nell’umile ortica non solo alimento e medicina, ma anche fibra per i suoi primi rozzi manufatti”.
Passano i secoli, i millenni, progresso si aggiunge a progresso, e un uomo, che le persecuzioni e la guerra hanno duramente provato e confinato dal mondo, ripete lo stesso atavico rituale, fabbricando per i suoi piedi stanchi e doloranti un paio di sandali di ortica. Perché è dell’uomo, l’eterna capacità di guardarsi intorno, dovunque sia, e prendere dal seno della madre Terra tutto quello che essa può offrirgli. Il nostro uomo è Paolo, protagonista di una vicenda che copre un lungo arco di tempo, storicamente denso di eventi sconvolgenti, quali la dittatura fascista, la guerra civile in Spagna, la seconda guerra mondiale.
Un romanzo che l’autore ha scritto “col cuore” prima ancor che con la penna, attingendo a vicende storiche realmente accadute che andrebbero rivisitate da tutti con maggiore attenzione.


L'immagine può contenere: una o più persone e primo pianoPaolo De Fazio "Protagonista Romanzo"

 bibblioteca comunale BianchiPresentazione del libro a Bianchi CS

RECENSIONE DEL PROFESSORE SALVATORE PICCOLI.

Il male non è questo. Da queste parole, che sono le ultime del libro, si apre un orizzonte sterminato di pensieri, come se questo libro iniziasse quando finisce. Il male non è l’irritazione causata dalle ortiche sui piedi induriti o sul cuore gonfio di Paolo De Fazio, il male, sembra dirci il narratore, è il filo di quella vita che condusse suo nonno a non essere riconosciuto dalla propria figlia. Il filo di quella storia infinita che espropriò di umanità masse immense di esseri umani...Storia non è una parola, solo una parola, una parola vuota. Storia evoca lotte, sacrifici, morte e resurrezione, vibra negli occhi di chi suo malgrado ne fu sconvolto. Dentro di essa non ci sono solo sovrani illustri o romantiche principesse, faraoni e maghi, cavalieri impavidi e sognatori, ori e troni, dentro, nel fondo c’è l’umanità: plebi smisurate, sangue di martiri, sofferenze eterne. Sofferenze non piovute dal cielo come la pioggia, ma dolori indescrivibili indotti dai detentori del potere dei privilegi, da chi nella storia ha usato uomini e donne e i loro sentimenti come mezzi per la conservazione delle loro prerogative di dominio sociale, con becero cinismo. Paolo De Fazio fu vittima di guerra, ma anche vittima di partenze, di addii, di emigrazione! Vittima di una mancata riforma agraria, vittima di quel feudalesimo che nelle nostre terre pareva non finire mai! E fu la guerra in terre lontane, ma dappertutto l’uomo è infelice, dappertutto l’uomo deve combattere le acri ingiustizie che lo opprimono. Ma la guerra, ieri come oggi, qui o là, è uguale a se stessa, sempre. Ieri come oggi fa comodo solamente a chi dalla guerra s’arricchisce, non a chi geme in trincea. Da una parte o dall’altra, chiunque vinca o perda i soldati sono e saranno sempre vittime, i generali vincano o perdano saranno sempre generali! Eppure bisognò fare scelte, bisognò capire da che parte stare e poi sperare che i sogni divenissero realtà. Spesso nonostante le vittorie, questo non accade, troppe volte si disse il popolo ha vinto. Ma poi il popolo rimase alla fame! Eppure bisogna anche oggi, come insegna l’esempio di Paolo De Fazio, scegliere di chi vogliamo essere eredi: di chi lottò per la libertà e la giustizia, o di queste pervicacemente negava. Vorrei soffermarmi non tanto sull’aspetto politico e sulle vicende a questo legate, ma sulla considerazione dell’uomo. Dalla lettura del romanzo emerge, tra le altre cose, una solitudine infinita dell’animo del protagonista. Sbattuto in un mondo assolutamente ignoto, Paolo fu costretto ad un sacrificio immenso. Comunicare con i suoi simili fu certo arduo, almeno all’inizio. Qui si tratta di una persona che come tante al suo tempo, partì. Se ne andò. Se ne andò, non certo per piacere o per spirito di avventura, ma solo per sopravvivere e per far sopravvivere la sua famiglia. Si ritrovò in un mondo sconvolto dagli eventi, devastato da una storia crudele dentro cui molti ragazzi spaesati come lui restarono avvolti e stritolati. In un tempo in cui con il sangue bisognava scrollarsi finalmente di dosso i residui di un feudalismo cruento, spietato non solo dal punto di vista sociale ed economico costringendo masse sterminate di uomini a languire nella povertà e la spogliava di dignità. Forse, casualmente, Paolo De Fazio si ritrovò a combattere una guerra di libertà, forse senza coscienza vera, senza capir bene quel che succedeva. Ma poi fu facile per lui e per quelli come lui riconoscersi in quegli ideali e darsi a loro completamente non solo con le armi, ma con i comportamenti e con il pensiero, con i sogni. Ma nel suo animo travagliato dall’assenza, dall’assenza di chi amava, spesso i fantasmi dell’ignoto futuro spogliavano il cuore di sussulti e talora si lasciava andare in malinconie profonde, ma mai scomparivano dalla sua mente e dei suoi pensieri Castagna e quel che c’era dentro. Nel libro queste sensazioni vengono trasmesse anche a noi lettori, grazie alla narrazione lineare e fortemente comunicativa, intrisa di emozioni, che suo nipote Paolo ha saputo darci. Paolo Arcuri è un narratore perché i narratori devono solo narrare gli eventi e dentro questi eventi si celano, ma poi si evidenziano i sentimenti, soprattutto per noi che in qualche maniera abbiamo memoria di Paolo De Fazio. Personalmente lo ricordo appena come una persona magrissima in piedi davanti alla fontana del paese con lo sguardo perduto verso l’orizzonte, come se vivesse in un’altra realtà, o come rimanesse ancora pieno della sua vita! Qualcuno mi ha raccontato dell’interesse che egli aveva mostrato allora per me e per la mia capacità di leggere a cinque anni, dimostrando una sensibilità non solo umana, ma direi culturale, che testimoniava il suo interesse e la sua capacità di comprendere che leggere era necessario per cambiare il mondo. E vorrei che adesso sentisse la mia gratitudine per la sensibilità che mostrò ad un bambino, accendendo in me ancora la voglia di imparare a leggere meglio. Paolo De Fazio è l’emblema di quello che i nostri antenati hanno vissuto. Questo libro andrebbe letto prima di tutto dai giovani. Scoprire un passato tragico attraverso la vita di un uomo di questo paese, diventa esercizio di educazione morale per tutti.

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Santa Caterina dello Jonio Presentazione del Romanzo presso Santa Caterina dello Ionio