“Un libro – sostiene Nuccia Fratto Parrello – attraverso il quale l’autore consegna ai lettori il messaggio e la responsabilità di trovare le mille facce del male nella vita e nella Storia”.
Accanito lettore e cultore appassionato di memorie storiche, Arcuri costruisce il suo romanzo, che definisce di “carattere storico”, sulla base di alcuni episodi del nonno, vissuto durante l’epoca fascista; episodi che la madre gli ha raccontato con dovizia di particolari.
“Da sempre - racconta l’autore - mi ha affascinato la figura di quest’uomo, che io non ho mai conosciuto, essendo nato due anni dopo la sua morte. E’ l’incredibile e travagliata esistenza di un contadino quasi analfabeta, costretto dalla miseria ad emigrare in Francia per lavoro. Lì fu coinvolto politicamente nella militanza antifascista comunista, che lo portò a subire per lunghi anni, fino alla caduta del regime, l’infame marchio della rubrica di frontiera, dove fu notificato come sovversivo politico di fede comunista”.
E questo è già un buon inizio per un romanzo che ha tutte le credenziali per suscitare grande interesse.
“Quando nell’autunno del 2007 - continua l’autore - venni a conoscenza che al Casellario Politico Centrale, presso l’Archivio dello Stato di Roma, giaceva un fascicolo su mio nonno, mi adoperai a chiederne una copia che mi fu subito spedita. Nello sfogliare il plico, constatai che quei fogli racchiudevano dieci anni di sofferenza di un uomo e la crudele persecuzione da parte di quel regime fascista che gli aveva negato le sue libertà. Mi resi subito conto di avere in mano l’architettura di un romanzo e che io, nipote diretto, ne ero emotivamente investito. Il caso ha voluto che incontrassi una sensibile donna italo-spagnola, la professoressa Maria Laura Cilurzo Enriquez, che mi ha fermamente spinto alla stesura del manoscritto. Generosamente si è messa a mia disposizione facendomi incontrare un’altra donna straordinaria, la professoressa Nuccia Fratto Parrello di Catanzaro che mi ha dato tutti quei consigli di cui avevo indubbiamente bisogno, ivi compresa la scelta appropriata dell’editore”.
“Sandali di ortica”, inserito dalle Edizioni Ursini nella nuova collana “I libri dell’elefantino”, è indubbiamente un titolo enigmatico, quantomeno insolito, “che ci riporta - aggiunge Nuccia Fratto Parrello - all’Europa preistorica, quando l’uomo, bisognoso di tutto, trova nell’umile ortica non solo alimento e medicina, ma anche fibra per i suoi primi rozzi manufatti”.
Passano i secoli, i millenni, progresso si aggiunge a progresso, e un uomo, che le persecuzioni e la guerra hanno duramente provato e confinato dal mondo, ripete lo stesso atavico rituale, fabbricando per i suoi piedi stanchi e doloranti un paio di sandali di ortica. Perché è dell’uomo, l’eterna capacità di guardarsi intorno, dovunque sia, e prendere dal seno della madre Terra tutto quello che essa può offrirgli. Il nostro uomo è Paolo, protagonista di una vicenda che copre un lungo arco di tempo, storicamente denso di eventi sconvolgenti, quali la dittatura fascista, la guerra civile in Spagna, la seconda guerra mondiale.
Un romanzo che l’autore ha scritto “col cuore” prima ancor che con la penna, attingendo a vicende storiche realmente accadute che andrebbero rivisitate da tutti con maggiore attenzione.
Paolo De Fazio "Protagonista Romanzo"
Presentazione del libro a Bianchi CS
RECENSIONE DEL PROFESSORE SALVATORE PICCOLI.
Il male non è questo. Da queste parole, che sono le ultime del libro, si apre un orizzonte sterminato di pensieri, come se questo libro iniziasse quando finisce. Il male non è l’irritazione causata dalle ortiche sui piedi induriti o sul cuore gonfio di Paolo De Fazio, il male, sembra dirci il narratore, è il filo di quella vita che condusse suo nonno a non essere riconosciuto dalla propria figlia. Il filo di quella storia infinita che espropriò di umanità masse immense di esseri umani...Storia non è una parola, solo una parola, una parola vuota. Storia evoca lotte, sacrifici, morte e resurrezione, vibra negli occhi di chi suo malgrado ne fu sconvolto. Dentro di essa non ci sono solo sovrani illustri o romantiche principesse, faraoni e maghi, cavalieri impavidi e sognatori, ori e troni, dentro, nel fondo c’è l’umanità: plebi smisurate, sangue di martiri, sofferenze eterne. Sofferenze non piovute dal cielo come la pioggia, ma dolori indescrivibili indotti dai detentori del potere dei privilegi, da chi nella storia ha usato uomini e donne e i loro sentimenti come mezzi per la conservazione delle loro prerogative di dominio sociale, con becero cinismo. Paolo De Fazio fu vittima di guerra, ma anche vittima di partenze, di addii, di emigrazione! Vittima di una mancata riforma agraria, vittima di quel feudalesimo che nelle nostre terre pareva non finire mai! E fu la guerra in terre lontane, ma dappertutto l’uomo è infelice, dappertutto l’uomo deve combattere le acri ingiustizie che lo opprimono. Ma la guerra, ieri come oggi, qui o là, è uguale a se stessa, sempre. Ieri come oggi fa comodo solamente a chi dalla guerra s’arricchisce, non a chi geme in trincea. Da una parte o dall’altra, chiunque vinca o perda i soldati sono e saranno sempre vittime, i generali vincano o perdano saranno sempre generali! Eppure bisognò fare scelte, bisognò capire da che parte stare e poi sperare che i sogni divenissero realtà. Spesso nonostante le vittorie, questo non accade, troppe volte si disse il popolo ha vinto. Ma poi il popolo rimase alla fame! Eppure bisogna anche oggi, come insegna l’esempio di Paolo De Fazio, scegliere di chi vogliamo essere eredi: di chi lottò per la libertà e la giustizia, o di queste pervicacemente negava. Vorrei soffermarmi non tanto sull’aspetto politico e sulle vicende a questo legate, ma sulla considerazione dell’uomo. Dalla lettura del romanzo emerge, tra le altre cose, una solitudine infinita dell’animo del protagonista. Sbattuto in un mondo assolutamente ignoto, Paolo fu costretto ad un sacrificio immenso. Comunicare con i suoi simili fu certo arduo, almeno all’inizio. Qui si tratta di una persona che come tante al suo tempo, partì. Se ne andò. Se ne andò, non certo per piacere o per spirito di avventura, ma solo per sopravvivere e per far sopravvivere la sua famiglia. Si ritrovò in un mondo sconvolto dagli eventi, devastato da una storia crudele dentro cui molti ragazzi spaesati come lui restarono avvolti e stritolati. In un tempo in cui con il sangue bisognava scrollarsi finalmente di dosso i residui di un feudalismo cruento, spietato non solo dal punto di vista sociale ed economico costringendo masse sterminate di uomini a languire nella povertà e la spogliava di dignità. Forse, casualmente, Paolo De Fazio si ritrovò a combattere una guerra di libertà, forse senza coscienza vera, senza capir bene quel che succedeva. Ma poi fu facile per lui e per quelli come lui riconoscersi in quegli ideali e darsi a loro completamente non solo con le armi, ma con i comportamenti e con il pensiero, con i sogni. Ma nel suo animo travagliato dall’assenza, dall’assenza di chi amava, spesso i fantasmi dell’ignoto futuro spogliavano il cuore di sussulti e talora si lasciava andare in malinconie profonde, ma mai scomparivano dalla sua mente e dei suoi pensieri Castagna e quel che c’era dentro. Nel libro queste sensazioni vengono trasmesse anche a noi lettori, grazie alla narrazione lineare e fortemente comunicativa, intrisa di emozioni, che suo nipote Paolo ha saputo darci. Paolo Arcuri è un narratore perché i narratori devono solo narrare gli eventi e dentro questi eventi si celano, ma poi si evidenziano i sentimenti, soprattutto per noi che in qualche maniera abbiamo memoria di Paolo De Fazio. Personalmente lo ricordo appena come una persona magrissima in piedi davanti alla fontana del paese con lo sguardo perduto verso l’orizzonte, come se vivesse in un’altra realtà, o come rimanesse ancora pieno della sua vita! Qualcuno mi ha raccontato dell’interesse che egli aveva mostrato allora per me e per la mia capacità di leggere a cinque anni, dimostrando una sensibilità non solo umana, ma direi culturale, che testimoniava il suo interesse e la sua capacità di comprendere che leggere era necessario per cambiare il mondo. E vorrei che adesso sentisse la mia gratitudine per la sensibilità che mostrò ad un bambino, accendendo in me ancora la voglia di imparare a leggere meglio. Paolo De Fazio è l’emblema di quello che i nostri antenati hanno vissuto. Questo libro andrebbe letto prima di tutto dai giovani. Scoprire un passato tragico attraverso la vita di un uomo di questo paese, diventa esercizio di educazione morale per tutti.
Notizie
"SANDALI DI ORTICA, STORIA DI UN CALABRESE SOVVERSIVO"
14-11-2011 18:01
"Il male è un'altra cosa". Poche parole, semplici, che stanno a testimoniare di una vita di sofferenze, abbandoni, persecuzioni. La vita è quella di Paolo De Fazio, di Castagna, frazione di Carlopoli, contadino semi analfabeta costretto ad abbandonare la moglie e due figlie per emigrare negli anni '30 in Francia per sfuggire alla fame, bollato come sovversivo dal regime fascista, volontario nella Brigata internazionale che in Spagna si oppose al regime di Franco, e prima della fine della seconda guerra mondiale confinato a Ventotene. A raccontare, in maniera struggente, la sua storia e' il nipote, Paolo Arcuri, operaio edile, che sapute le vicissitudini vissute dal nonno le ha volute far conoscere nel libro "Sandali di ortica, storia di un calabrese sovversivo", Ursini Editore, presentato stasera a Catanaro in un dibattito organizzato dall'Anpi. Ed è proprio a quei sandali di ortica, che il protagonista della storia si realizza per fronteggiare le intemperie e la mancanza di mezzi, che Paolo De Fazio si riferisce, quando la figlia che non vedeva da oltre un decennio, gli chiede se non gli facciano male. "Il male è un'altra cosa" risponde. Perché di male il contadino calabrese emigrato ne ha visto tanto nel suo peregrinare per l'Europa. L'autore ripercorre la storia del nonno, bollato come sovversivo dai fascisti perché coinvolto casualmente in una manifestazione antifascista in Francia. Ma l'avvicinamento all'ideologia comunista sarà per lui naturale in seguito e gli farà prendere sempre scelte dettate da un profondo senso di giustizia e di eguaglianza. Come quando, ormai braccato dai fascisti, decide di andare a combattere in Spagna contro i franchisti. Un'esperienza che lo segna profondamente e che gli dà la consapevolezza, come scrive l'autore, "che la guerra non é altro che l'annosa e crudele ricerca della supremazia, il prevaricare dell'uomo sul suo simile, per la gloria della vittoria, alloro intriso di odio e di sangue". Ma anche in un simile frangente, Paolo non perde la sua umanità ed il suo voler essere giusto. E così, scoperto che in un piccolo paese dell'Andalusia, l'unico forno era stato distrutto dalla furia fascista, torna e lo costruisce con le sue mani per dare ristoro a quella popolazione. Ed in quel gesto c'é lo spirito dell'emigrante, di colui che era partito da un piccolo paese della Calabria solo per andare a trovare lavoro all'estero, lontano dalle angherie dei latifondisti e dei fascisti, e si ritrova, per il corso degli eventi, catapultato in una storia più grande di lui. Una storia che potrebbe assomigliare a quella di tanti immigrati che ai giorni nostri solcano il mare Mediterraneo a bordo di barconi fatiscenti, con le stesse speranze del protagonista del libro di Arcuri. Vicissitudini che temprano il carattere di Paolo ma non lo stravolgono e non gli fanno perdere la sua dignità di uomo. E che lo portano ad incontrare al confino Luigi Longo, Mauro Scoccimarro, Umberto Terracini, Giuseppe Di Vittorio ed anche Sandro Pertini. Così come il forte senso della famiglia. Nei pensieri del contadino c'é sempre la famiglia, la moglie Rosina e le due figlie, Angelina e Maria. Nonostante la lunga separazione è lei il suo punto fermo. E sono quelle tre donne il punto d'arrivo della sua storia, quando, rientrato finalmente nella sua terra, vede la moglie cantare mentre insieme alle figlie raccoglie le patate e invece di precipitarsi "stette ancora un po' a godersi la vista della sua famiglia, quel piccolo, desiderato mondo che molte volte aveva pensato di avere perduto.
TELEREGGIO
Presentazione del Romanzo presso Santa Caterina dello Ionio