marcellochiodo.it-                                                   Marcello Chiodo Poeta Contemporaneo calabrese

 

Caro Mark con questo, do atto all'incarico che mi hai lasciato...

ciao Ginuzzu

 

Di corallo nero i tuoi occhi

E gorgonie rosse

Le trecce tue

E la bellezza che stilla

Solitudine

Come un crostaceo che si allontana dal mare

 

 

 

Le radici del cuore

Mi raggiungeranno

Per far voltare

Le deviazioni sul fornello

Delle risposte.

Nessun sogno

Ci costringe a comprendere

Per affondare la vita

Nella sua linea retta

L’autunno laverà

Il frastuono idiota degli istanti

E tutte le preghiere

Di slancio

Che ronzano nell’aria.

 

 

 

Desideri capovolti

Si sciolgono senza dignità

Come cera sporca

Nel sudore che taglia il sottobosco

E i traditori del pensiero

Cliccano sulle ultime

Poesie dell’universo

Sommerse nello sterco dell’anima

Trovandole incontaminate

Foglia contro foglia

Nel fango agitate dai sensi

Gli assassini scavano a silenzi alterni

Per spingere nella melma di sotto

Le facce sommerse piene di bocconi

Così i bambini

Come i polli di Velasquez

Prima di essere affettati nella seta

Come mozziconi di simboli globali

Saranno propietari dei bassifondi morti e vivi

Vivi e morti

A schiacciare parassiti con poesie disamorate.

 

 

Per le tue scarpe tragicomiche

Per queste foglie di felce color della luna

Per quel bacio che scricchiola nel tombino delle labbra

Per esser morto all’ombra di un mandorlo

In quel mattino di primavera

Per i prati umidi della tua voce ironica

Per il profumo antico delle mie sciocchezze se non ci sono più fiori

Per il crepuscolo che viene a ballare sull’erba

Per il tuo cuore, sorella alba, o tempo perduto…

Per un cuore vuoto che fluttua tra le betulle dei tuoi silenzi

Per i tuoi occhi che tornano prima che i venti si allontanino

Per aver sognato carezze di salici nella foresta dell’anima

Per chi corre e corre nel fango di un estremo sospiro

Tutto è rosso nella sua forma eterna

O pietra di sale ormai ti appartengo.

 

 

Il sole corre fra l’erba

Non un filo d’aria

Il tempo respira dalla bocca

Conosco la follia al margine della strada

Il sudore ha macchiato l’asfalto

Il dolore sbava qua e là

Voglio morire e basta.

 

 

 

E poi non ho tagliato la corda

E le ferite sdraiate sul ventre

Abbaiano sole contro tutti

Un giorno o l’altro le cose si mettono male

Lo spazio si è curvato e strappa ciuffi di vita

E si diverte a intrecciarli sulla città nera

Che non si vede

Lì è il mio posto e il mio lavoro

Lì fissero al treppiedi la mia coscienza

Dove le parole fanno e disfanno il loro bagaglio

E il sorriso si slaccia le scarpe

E il tempo ha la pelle d’oca

E gli occhi profondi

Ma senza ciglia.

 

 

Il flutto dei suoi baci

Giace nella costola delle labbra

E nel buio congiunto a un silenzio

Che trabocca

Stilla un dolore aperto a stella

 

 

 

In quest’ora disabitata

La vita ha tonfi amari

Così lievi

Che non so odiarli.

 

 

 

Dalle vene squarciate della noia

La primavera esala

Oscuri profumi

E una rosa in poco sangue raccolta

Mi riporta dolcezze

In trasparenze

 

 

Forse vuoi una bellezza

Che si scioglie dolce nel tempo

E che uccida la morte

E più ancora la vita.

I vetri piangono.

 

 

Le mie foglie senza più stile

Sotto un cielo finto che ha

Plastificato i tuoi sogni

Il vento ispira nuove piogge

Dove più dolce

La morte oscilla

Fra pensieri non miei e la bellezza smembra

Gelidi abbandoni nel mattino che riaffiora

Da un tuo sorriso amaro.

 

 

Lungo il sentiero della sera

Ombre bellissime

Danzano in un gioco obliquo

Tu, riversa tra le spine,

anima stanca spingi le stelle giù dal cielo

e la luna s’allontana

nera lungo i viali

dove già muore una striscia d’aurora

umide carezze tremano sul tuo corpo

illuminato di dolore.

 

 

C’è un cuore che brucia

Nei reticolati del vuoto

C’è un cuore tra i rifiuti

Fulminato sugli acquitrini del dolore

C’è un cuore sotto la neve putrefatta

Con le colline di amori maledetti

C’è un cuore che batte nel fango

Coperto dal pianto scolpito dal freddo

C’è un cuore che lotta senza più forza

Solcato da cicatrici e pioggia e grandine

C’è un cuore nutrito con la voce del mondo

Sempre pronto a morire per un si o per un no

C’è un core che è rinato senza cuore

Ed è la disperazioneche batte nel petto.

 

 

Le cose sono ancora calde

Di primo mattino

La noia è gialla

L’estate dilapida i suoi profumi

I giorni hanno indossato l’ombra dei pensieri

La sera ammira le rose tra le maglie della strada

Oltrepasso me stesso e una bolla di luce

Raddoppio le parole senza tirare fuori la lingua

La vita non mangia nulla e se ne sta in garage

Intanto la notte passeggia liberamente sul dorso di un cane

Un silenzio acido proietta una carezza tenera

Avanti a me il mondo s’approssima

Sputa in faccia all’uomo che vacilla.

 

 

Il tempo conia

Altri dubbi

Ricoprendo di schiuma

Le parole e le cose

Pesante è la gru della vita

Per sollevare due metri d’amore

Il rompighiaccio del cuore

Hanno raccolto

I grassi dell’anima

Non resta che una boccetta di nulla

E un video – assente

Per lambiccarsi il cervello.

 

 

Piccola anima

È la tua fronte che vorrei baciare

E bere la luce – ombra dei tuoi capelli

E morire un po’ più in basso

Della tua schiena

Ma l’amore è sempre

E soltanto

Tutto il resto…

 

 

Si fanno difficili le battaglie

Ora che la vita ci toglie la forza e i sogni

La notte pura

Ha falciato un grido più forte

E nell’anima non rimane che un fremito

Come le ginocchia di un cavallo

Dopo un’ultima corsa

Anche è più timido il suono dei miei versi

E deboli le parole

Senza più labbra.

 

 

Carla, Da dove mai sarai entrata

Come un topolino

In un cuscino sfatto

Di deboli carezze.

I tuoi giorni non amano questo sole

Che come un arco

Ti scocca le sue ombre

Ineffabili.

 

 

La notte

Lo stupore s’attacca alla notte

Linee dure sparse nel cuore

Della notte

Bastarda la notte

Disamorata

La notte

Che botte la notte che fotte

Amori opachi nel cartoccio della notte

Il silenzio è pane offerto

Alla notte

Bella notte

Dove non finisce la notte

La notte.

 

 

Cerco un colore

Una melodia senza suono

La purezza di un bacio

Il fianco dei tuoi fianchi

Cerco la dimora dei tuoi occhi

Come un’ape cerco

Il mio fiore d’estate

Cerco il respiro dei tuoi piedi nudi

Il profumo che riempie ogni malumore

Voglio le mani delle tue carezze

Gli occhi dei tuoi sguardi

Voglio la bocca delle tue parole

Il cuore dei tuoi battiti

E ancora battiti.

 

 

Sono solo il tuo istinto meccanico

Nella tua mente che contiene

Il principio.

 

 

 

Appena un sorriso

E il giorno sbadiglia con dolcezza

Ci si trucca

Ci si lava

Ci si fa l’amore

Bene o male.

 

 

Dappertutto per sentire

Ancora

Quel pianto beffardo

 

 

Avanti

Camminiamo avanti

E le tue gambe tramontano

Nel cielo scuro.

 

 

 

Come una macchia di Van gogh

Come un fogliame di lucciole

Come gli anni 70

Come con circospezione

Come carezze sgualcite

Come Hegel e le metamorfosi

Come il culo dei francobolli

Come la tribù di topolino

Come la riscossa delle volpi

Come mandela

O come cazzo volete perseguitatemi

Come insetti

Come maschere orrende

Come pasolini

Come giorni senza stoffa

Come balene di un luna park

Come versi metallizzati

Come majakosky

Come un cane che russa nel buio

Come l’antinomia e l’indifferenza.

 

 

 

Un incendio di profumi

Riavvolge

Questa sera

L’estate ritorna

Nel diafono oblio

 

 

 

 

O sole affamato

A te il tuo gregge.

 

 

 

Minuti di vetro

E un cielo secco

L’orizzonte ammaccato

Da lampi.

 

 

 

Schiuma di vento sui rilievi

L’oscuro amore rivive.

 

 

 

Nel cuore dei domani

Dove il buio lascia

Soltanto segni

E tracce di nemici

Ti amerò Africa.

 

 

 Nei binari di cristallo

Dove la luna marcisce

Come un fischio

Il cielo è una bandiera blu

Attorcigliata da fili di cenere

Misera bellezza

Che illumini il mio sangue

E i finestrini sporchi di parigi

Tavolozza della giovinezza

Dove ogni colore

È un treno fermo

Sulle ali del nostro cuore.

 

 

Affogo dentro

I tuoi occhi

Insostenibili

E non ricordo più

Dove

Ho fatto il nodo.

 

 

Questa sera malvagia mi perdo

Nel sole che dipana

La tua ombra

Il tuo sorriso stretto

Illumina

Il disfarsi di un fondo.

 

 

Nel fango nel tango

Occhiali occhi e ali

Neo – nato tu – more

La rosa osa

Un pino alla spina

Una rana nana

Un verme chiuso

Una D noi due

Pigiama p greco

Chiara e bruna

O pochi o niente

Se sciopero opero

Veleno Verlaine

Il mare amareggia

Il sole è un assolo

Il tuo volto avvolge tutto

Le mani smaneggiano

Il cielo cela

Il vento s’avventa

Io spio

I capelli cappelli

Le stelle strillano

Re sol

Il pittore pettina

Il poeta spettina

Il barbiere sbarba l’alba

La tosse tassa

La luna la due

L’amore a – ore

Il saggio s’aggira

Il tifoso il tifo

La mela me l’ha rotte

Visi a – vvisi

La camicia miagola

Il cane anela

La luce traduce

Il mutosordo.

 

 

Di chi è questo sole che

Ostinatamente perdura

Questo fuoco impuro come un lamento

La memoria triste

Che si innalza sopra i suoi orfani

Gemiti sacri

Che l’amore invano consuma

Di chi è questo pianto duro

Che volesti interamente per te

O la guerra

Che gli uomini sorridendo

Si fanno?

Le mie ali spezzate

Con proiettili di sangue 

 

 

La tua voce

Come un calco di vuoto

Infelice sera

Di un giorno polveroso

Pianura e sonno

Non li capisco i tuoi occhi

Che non ho mai perduto

Un’ultima volta

Ricordo musica gelida

Mi amavi

Senza ragioni né confini…

 

 

 

Marciapiede della malinconia

Il destino è un rancore che persiste

È il sangue di un triste sud

La notte di un giorno fitto

È lo sguardo antico di un uomo che non verrà

Le fugaci e mai più disgiunte labbra

La serratura dei tuoi baci di cristallo

Il duro profilo della morte

È l’anniversario dei miei silenzi muti

Il mattino in cui svanisco

Un lieve battito di un canto messicano

La reliquia di un crepuscolo

La dimora dei coltelli di un poeta

È il graffio invocato nell’eterno

Siamo noi illuminati col fuoco dei peccati

Il destino è tutto

O niente

O soltanto qualcos’altro

Come un dolore sovrapposto ad un dolore

Come la vita sovrapposta alla vita.

 

 

Sei come un’ossessione forte e minuta

Sopra la campagna

Il sole t’implora

E tu raccolta da un’alba

Piangi e tutto piange

Il tuo amore è greve e non è la morte

Sola, ti contorci in un mondo affollato

Ogni cosa ti somiglia

E sei sempre identica nel tuo chiuso respiro

Disperate le tue parole e inutili

Disperate e irraggiungibili

Sarà l’aurora di un amore smarrito

Amore mio!

 

 

Risvegliati da un calore selvaggio

Che si dibatte

Come un sapore

Per dar fondo a un respiro remoto

Ci lasciammo.

E più in là

Già sgorgava la luce

Di una ruga.

 

 

 

Ecco qua

1, 2, le tendine

 niente o quasi

giorni di cera

i capelli a mazzo

raccogliete pure la carne

come un ciuffo di memorie

assurdo aspetta

i frutti sono maturi

per chi conserva le labbra nell’aceto.

 

 

 Tu che ti siedi accanto e sputi nel buio

E in silenzio scherzi col vento

Tu che mi guardi sempre di meno

E ti trucchi le labbra di nebbia

Tu che mi indichi una macchia nel sole

E con le dita accarezzi

Profumi morti

Tu che ascolti quando non ho più parole

E mi confondi con una foglia di tristezza

Tu con i tuoi occhi

Color pioggia

Che cammini e cadi nelle ferite di un’alba

Tu fiore d’arcobaleno

Fiore del mio sogno.

 

 

La notte inguantata si perde

Come una dolcezza di cristallo

In mezzo al mare i pesci

Giocano a poker con le onde la sera

Avvolti in un foglio di tristezza

I miei cuori paralleli

Si lasciano cadere da tutte le finestre

Gli anelli telematici piangono

Il mondo intero è caduto nella rete

E i miei capelli mischiati assieme ai tuoi

Sostengono l’ultimo ramo spezzato

Sullo schermo della via lattea.

 

 

Dietro le spirali

Di quella luce straziante

Di quel mare dimenticato

Carezze umide colpite dal sole

O rosa di maggio

Il tempo domani registrerà

Il mio martirio

Ferite chiuse in un collarino d’avorio.

 

La scatola della cipria

Non smentisce il trucco dell’indifferenza

E la mia bocca

Sporca di ruggine

La smorfia di derisione dei clacson

Tutto il profumo delle donne è morto.

 

 

 

La porta girevole dell’ingresso

L’ombrello stringeva tante mani

Mentre i tacchi chiodati del silenzio

Risuonano sulle lastre dell’anima

La fermata dell’autobus offriva

Venti soldi di profumo

Andrò dal dentista a piedi.

 

 

 

Mentre il vento

Soffia nel vento

Vorrei un’altra tenerezza

E ascoltare il silenzio

Che arde nel buio

Solo.

 

 

 

Qundo le ombre si sveglieranno

Non fermare le tue dita

Non riununciare a esser solo

Nessuno farà mai niente per te

Quando le ombre si sveglieranno

Impazisci ma non farti fottere

Ama il tuo dolore

Con tutto il tuo dolore

Quando le ombre si sveglieranno.

 

 

Le alghe salate

Delle stelle

Mi hanno fatto impazzire

Incise

Su un pensiero di vetro.

 

 

D’improvviso

La pioggi asi espande

Sotto gli archi

Tardi nella notte

La malinconia è ricamata

Sul ghiaccio

E non sulla libertà.

 

 

Forse io sono felice

Quando la pioggia batte sui vetri

Sdraiato

Sulla mia schiena.

 

 

Pinne impolverate

Scivolano sul cristallo

Liquido della notte.

Ho bevuto bicchierini di sabbia

Lungo i canali che costeggiano

La speranza

Spesso ho sentito il languore

Delle api in teatro

Delitto dei sogni zuccherati.

 

 

Le parole sono sospese

Nelle bocche dei moribondi

Il cuore dell’estate

Non ammette sorrisi poveri

I tuoi baci bruciano

Nelle officine dell’anima

La saliva delle stelle

È la nostra unica lanterna.

 

 

Per i giorni

Per i tuoi occhi in trasloco

Per questa danza suicida

Perché tu soffi su un ventaglio

Di crepuscoli non sperati.

 

Ascoltavo le sue parole

Stracciate dai tuoni

Torcendo le sue tenere lacrime di neve

Mentre il mattino si purifica

Io bagno le mie ali

Per svegliare il sole

Perché le sue spire

Attorcigliano le mie sigarette.

 

 

 

 

Cammina

Vai avanti

E brucia le carezze che invadono il loro sussurro

 

 

 

 

Notti infinite ci insultano

Coi loro sorrisi irregolari

I silenzi braccano

Per l’ultima volta

Un filo di lacrime

Nella gola delle foglie

Dormono

Pensieri di schiuma

E non è finita.

 

 

Guardo il cielo per l’ultima volta

Cercando ciò che non ho perduto

L’isola dei nostri affetti

È sabbia arrugginita

Poiché non c’è nulla

Che può confortare

I fiori dovranno imparare a volare

Per trovare la primavera nel deserto.

 

Tutti i passi vanno portati a termine

Per far dileguare il nostro torpore

Nei giorni polverosi

Di questo corridoio

O chiudere gli occhi

Sul nostro cuore.

 

 

Tutto è grigio

Anche la primavera

Che rimbocca i polsi e tira su le maniche

Intanto

Mentre aspetti l’inverno, soffiati il naso,

i ranocchi hanno deposto il breviario e parlano

domenica diranno la loro messa.

Ogni corpo è un’onda

Ma sul mio non scivola più il sonno

 Darei lo stomaco per sapere

Che cos’ho sullo stomaco

Io sto qui ma sono di là

 vicino  c’è un cane

che abbaia in sogno

sottovoce

ma la notte nasconde la sua tristezza

esclusi i pensieri neri

dei piedi contro il cielo.

 

 

 

La pioggia

Come un enorme millepiedi

Scava la sua tana

Nei cuori dimenticati.

 

 

 

Del cielo la tristezza

Brilla come avorio

E non c’è da rallegrarsi

Se la terra

Ha nascosto nella bocca

Un sorriso affogato.

 

 

 

Ho sorpassato la tempesta

E tu impassibile e selvaggia

Fammi impazzire in quest’umida notte

Intreccia

Una corda dietro una fugace primavera morta

Disgela la mia anima ora che se n’è andata

Accoltellata dal vento nell’erba nera

Che confonde ogni cosa.

Oh! Perché il nostro amore

Non ha avuto tutta la dolcezza

Così che ora potrai finalmente maledirmi

La mia strada è stretta

E il pugnale del tuo amore

L’attraversa come vuole

Ma prima di colpire

Sappiate che ho paura di un bacio.

 

 

Precipita una foglia pestata

Dal vento d’oro,

pioggia cade sulle strade tosate

dal sangue scremato nel secchio dell’anima

contro l’ombra germoglia nella neve ferita

e un fiore di ghiaccio mielato brucerà

da una tana della notte errante e bucata

e nessuna donna piangerà la mia schiena di rose

o si inginocchierà a brucare il mio cranio squarciato

dal pozzo stellato della mia inquietudine.

 

 

La notte sbatte gli occhi

Abbagliata di ritrovare il mattino

Potrei ingoiare il tuo seno

Se fossero due bombe

O qualcosa di peggio

E andare a casa

Per sentire l’estasi

Che viene e t’abbraccia

A strofinare le tue costole rotte

Non importa quanta stupidità hai

Per sentire le rotaie di ferro del mio cuore

Ma non lasciare che i sogni arretrati

Rompano la tua tenerezza nella pioggia

Punta soltanto sulle fregature per vincere

E cancella il mio nome dalla tua ultima missione

Non esistono tracce

Per conquistare il deserto

A meno che non stia sbagliando:

comunque vaffanculo amore!

 

 

Il tuo cuore muto

Rigato dal diamante del tempo taciuto

Ha il morso dei ghiacciai

Vespero senza cielo.

Dimmi del tuo viale senza fiori

Dove la tua bocca opprimente

Assapora il nudo tallone

Di una nota senza virtù

Sorriso cristallino

Smuore nel candido dubbio

Di una rosa vivente

Grida da quella finestra selvaggia.

 

 

Il vento ha portato via

Il cappello al tempo,

agitando le braccia

la solitudine l’ho avvolta

nei suoi soli anneriti.

Ora un temporale di seta

Eclissa la mia strada

Per sprofondarmi nell’insonnia

Dei suoi occhi ….

Al di sotto di questa schiuma d’acciaio

M’illumino di poco

E nel buffo silenzio di questa libertà

Micidiale

Le torture ridono

Orinandoci d’indietreggiare.

 

 

La foglia nell’acqua

La sedia

Il cielo è un mare di cenere

Nei miei occhi.

Alla fine soffieremo

Sui fili della luce

E voleremo

Su palpebre di catrame

E la tristezza

Illuminerà

La tristezza.

 

 

L’orizzonte ha disseminato i suoi silenzi

Che sfondano i boschi

E questi destini che non conosco

Non possono mascherare il loro nitrito al sole

Le strade inghiottite dalla febbre

Ci verranno a prendere senza complimenti

Con i nostri bicchieri di vino e neanche un desiderio

E quei sorrisi crudeli che più non accecano

Si schiacceranno nei tuoi interminabili occhi

Prima di abbandonarsi alla notte

 

 

Frantumarsi tra le lacrime di un addio

Come una notte ammanettata dal freddo

Cercarti nelle onde insabbiate degli istanti

Per girare al largo dalle tue ciglia

Ridere così forte da mordere una lacrima

Amore che sgoccioli ghiaccio sul mio silenzio

Un bambino che corre all’indietro per saltare avanti

A tutto ciò che disgusta

Al punto da coltivare ombre

Nel folle prato dei tuoi occhi.

Anche il sole si sta bruciando gli occhi.

 

 

La ragazza alzò gli occhi senza riflettermi

La notte era appena più alta della luna incrociata

Fragile come una bufera

Piccola come un ricordo

Triste come un rumore

Ora la stanza ha preso sonno

Nel fumo impallidito dei ricordi

Lei non scrive più

Dietro il sipario delle labbra

Ma suppone che io rompa le scene.

 

  

Nelle sabbie dei tormenti

Sulle rovine lucide dell’anima

Le passeggiate sveglie di malinconia

Il tuo amore regge ed è impossibile

E tutto combacia fuggendo da tutto

Vana comunione delle forme

Che fluttuano senza mai parlare di noi

Noialtri poveri…

Bambini vestiti di stracci e poesie

Dalle urla polverose dei quartieri

Miseria dei giorni imbalsamati

Sotto un sole di porcellana

Non per restare vivi

Ma per vivere resistendo.

 

 

Albicocca.

Così ti chiamavo.

Dal fondo dei vapori

Del temporale abbronzato dalle ultime

Gocce – amore

Scaglie di lampi.

In verità ho amato

Le tue unghie semi buie

L’oscurità senza riparo sotto i tuoi occhi

Le briciole di un sussurro sbronzo di bellezza.

Albicocca

Timido giardino

Baci asfaltati di nebbia

Violini squassati di corpi impenetrabili.

Non mi rimane che il marmo di una poesia

E una prigione di cotone

Una fontana di fulmini sulle punte delle dita.

Nelle vallate autunnali si sciolgono

Le piogge notturne

Come il cerchio breve della tua bocca

Dove petali di neve trainavano

La vita e la morte.

 

 

E un mattino

Averti immaginato

Antico amore

Nei tuoi passi senza luce

Immaginarti

In quell’ora in cui la notte

è una candela che intenerisce lo sfondo 

aver guardato l’alba sciogliersi

e ardere in un cortile di sabbia

aver sentito il cerchio delle lacrime

affaticare il cammino di un gatto

e l’inizio del silenzio

assomigliava una speranza calda.

 

 

Si vive di torpori

di cose che espellono acqua dagli occhi

di dolori a cui si abbassa la vista

di respiri senza udito

di pensieri che provocano eccessi di tosse

di vertigini

di pruriti con le cateratte

di solitudine diffusa nelle narici

si vive di pneuma poetico

di tenerezze deliranti

di umori vascolari

di s- comunicazione epatica

di politiche trans- geniche

di aforismi impiantati sui bay - pass delle unghie

di carezze condensate

di ipnosi ipermarket

si vive si vive sempre

all’incrocio dei tuoi piedi e delle stelle.

 

 

E’ così che bisogna prendere le cose

le carezze a livello microscopico

se bruciano nella testa senza ormai dolore

allora addio nel buio che brilla come latte

dagli oblò delle tue labbra

ora che la sabbia mi è entrata nei fianchi

me ne infischio del muco

che viene a leccarmi il respiro

 

 

Dimenticate colui

che ha filosofato

nella stoffa fino ai piedi ferito dall’amore

compagna insultami

lasciando un bacio unico di pioggia

i giorni che ci restano

hanno obliato le anime delle ginestre

e adesso sciogliendoti

fruga nei cuori paralleli delle mie ginocchia

 

 

Pronuncia una parola

e la rosa resuscita

Rimbaud, deluso e irritato se ne va

ogni vera poesia è perciò violenta nel suo svolgimento

non vogliamo più sapere di un destino

per il lampo di un istante

la pressione delle ginocchia

spara con un fucile il sole addormentato in sella

vorrei dirti una cosa

senza nessuna misericordia

 

  

Stanotte con una goccia mi hai fucilato

mi hai preso a calci

la casa del destino ha una sola stanza

Prendi questo e questo e anche questo

mia cara il tuo cuore copre il fondo dei giorni

nascosti da uova di foglie

 

 

Frantumi della mia voce

le verdi primavere non hanno sorrisi

se un grido precipita nella tromba della sabbia infuocata

tranne l’amarezza sulla strada alle mie spalle

non c’è che un suono disfatto sulla lama dei miei passi

amore, premi il grilletto

ad intrecciare i miei sogni.

 

 

 

Scegliete sempre una buona tinta

amate la terra sotto la terra

così quando io sarò morto

sarò sotterrato in cima alla collina.

 

 

 

Noi saremo gli occhi che piangeranno sorrisi

Un’ombra di tristezza

L’alba accoltellata dalla saliva

Di un bacio

Le nostre anime perdute e perdutamente

I cuori senza speranza

Le primavere che sbocciano prima del giorno che moriamo

Saremo una conchiglia partorita dalla solitudine

Uno sputo di pensieri

Nel fondo di un lago

Saremo il silenzio

Fragili voci di pioggia

Un bacio intristito ai lati del nulla.

 

 

In una stella

Ho incontrato

Il tuo sguardo

E non era una stella cadente.

 

 

La foglia nell’acqua

La sedia

Il cielo è un mare di cenere nei miei occhi

Alla fine

Soffieremo sui fili della luce

E voleremo su palpebre di catrame

E la tristezza

Illuminerà la tristezza.

 

 

Malinconie come un velo di ghiaccio

Moltitudine tutti

I pensieri che non capisco.-

 

 

Voglia di andarsene:

ma dov’è il giorno?

Dov’è la vita?

 

 

La nostra età i pianti il caldo

Si dileguano senza indicazioni

I vapori non hanno più fondo di te

Delle gallerie delle nuvole delle ore

I colori senza innocenza bambini

Labbra da slitta falciano specchi

ei insieme da sola sempre

Offre le braccia al crepuscolo

E s’inventa un’altra vita

Io vivo senza vita

Oltre le feritoie dei baci impossibili

Sempre sbagliando come una volta

a non inganno l’inferno

e nemmeno gli altri.

 

 

Nulla è in quiete

Una nebbia gelata si arrampica

In un volto

Il vortice mi prenderà in silenzio

Trascinandosi dietro

Profumi dilatati

I raggi del sole per una volta

Punteranno in alto

Ti penserò dal diciottesimo meridiano

Nello scomparire del tempo.

 

 

 

Sei nata sullo sfondo del nulla

E ti sei diluita in quello sfondo.

Sei apparsa e sprofondata

Lasciandomi unico testimone

Di questo apparire – sprofondare.

Come potevo trattenerti un istante

Senza che mi decomponessi?

Tu che vivi nel cuore del mio essere!

Sei la mia angoscia!

Appartieni a ciò che mi sfugge.

A ciò che non si cristallizza.

Sei tutta in me.

Tutto è fuori di te.

Io sono soltanto l’origine!